Acufene: presto un nuovo trattamento?

L’acufene per molti ha lo stesso esordio: in una stanza circondati dal silenzio si percepisce un sibilo, uno strano ronzio.
Si va a controllare il frigorifero, ma in quel momento è silenzioso, si cerca di capire se è il fischio del bollitore del vicino di casa, si va alla finestra alla ricerca di un veicolo che transita o di un edificio o magari un traliccio che possa essere l’origine di quel rumore, ma nulla sembra originarlo. E’ quello il momento in cui si realizza che il suono non è reale ma è nella testa: l’acufene!
Per definizione l’acufene o tinnito è la percezione di un suono che non ha una sorgente sonora ma è un segnale bioelettrico generato nell’apparato uditivo o nel Sistema Nervoso Centrale. P.J.Jastreboff nel 1993 lo definì “percezione uditiva fantasma” e sviluppò un modello neurofisiologico di tinnito.
L’acufene è classificato in :
oggettivo, riproducibile all’esterno e causato da patologie vascolari;
soggettivo, percepito solo dal soggetto, generato in un qualsiasi punto delle vie uditive.
L’acufene può essere monoaurale (spesso l’orecchio sinistro) o bilaterale, la prevalenza è maggiore nelle donne e negli anziani. Pur non disponendo di molti studi epidemiologici si può stimare un’incidenza del 15% in Italia ( Quaranta et al. 1996). Il meccanismo eziologico di questo sintomo che può peggiorare la qualità della vita innescando stressori a volte invalidanti non è ben conosciuto. L’eziologia è varia, anzi si può dire che sono talmente tante le probabili cause che in realtà è sconosciuta.
La condizione più comunemente si verifica con la perdita dell’udito, ma può anche essere conseguente ad un trauma della testa o del collo, ad esempio dopo un incidente d’auto, o un intervento odontoiatrico. Altri fattori favorenti possono essere forti rumori prodotti nelle discoteche o da scoppi di armi in zone di guerra. L’acufene è una causa principale di disabilità tra i membri e veterani delle forze armate negli USA dove si stimano quasi 50 milioni di casi.
Non esiste una cura efficace e molte potenziali terapie non sono dimostrate. I trattamenti più comuni utilizzano costosi integratori antiossidanti, laser-terapia a bassa frequenza per riattivare le cellule ciliate della coclea danneggiate (come se fosse possibile rigenerare cellule nervose!), farmaci vari come ormoni, steroidi, ansiolitici, diuretici, interventi dietetici come riduzione di alcool e caffeina.
Il primo approccio è sempre medico specialistico:
visita otorinolaringoiatrica e diagnostica strumentale dell’apparato uditivo e visita odontoiatrica per la valutazione dell’apparato stomatognatico.
Tra i trattamenti più accreditati c’è la Tinnitus Retraining Therapy (TRT). Si tratta di una vera e propria riabilitazione neurosensoriale che ha due componenti fondamentali: il counseling ed il rumore bianco con un protocollo specifico di assuefazione.
Il rumore bianco è un suono uniforme prodotto dalla somma di tutte le frequenze udibili, è naturale (per esempio lo scroscio dell’acqua di un ruscello o di una fontana, il cadere della pioggia) ed è rilassante. Non esiste una terapia unica che vada bene per tutti i pazienti che soffrono di acufeni, ma occorre un percorso terapeutico diverso per ogni paziente che utilizza la frequenza di rumore bianco adatto e ad un livello più basso dell’acufene per creare un progressivo adattamento del cervello in modo che si abitui a percepire ed accettare i suoni smettendo di interpretarli come irritanti. Molti sono i dispositivi generatori di rumore bianco in commercio, dai cuscini a particolari radio. Ci sono anche molti siti da dove è possibile scaricare tracce audio gratuite o a pagamento.
In Gran Bretagna si sta elaborando un apparecchio acustico che viene indossato dietro l’orecchio, alimentato da una batteria molto piccola, con un piccolo generatore di rumore bianco ed un tubo trasparente  che introduce il dispositivo all’interno dell’orecchio verso il timpano. Funziona meglio se vengono utilizzati due apparecchi, anche se l’acufene è in un solo orecchio, in modo da generare un unico campo uditivo per il suono.
Ora si intravede la possibilità di un nuovo trattamento nello studio dei ricercatori della University of Michigan Medical School, pubblicato su The
Journal of Neuroscience. Susan Shore , Ph.D. , autore senior dello studio, con il suo team ha confermato che nel cervello un processo di plasticità multisensoriale stimolo – tempo dipendente è alterato negli animali con acufene e che questa plasticità è molto sensibile ai tempi dei segnali di una zona chiave del cervello, il nucleo cocleare dorsale.
Questa zona è la prima stazione per i segnali che arrivano nel cervello dall’orecchio attraverso il nervo uditivo, ma insieme alle informazioni uditive integra anche segnali sensoriali come il tatto costituendo un centro di neuroni “multitasking”.
Nel tinnito , alcuni degli input provenienti dalla coclea dell’orecchio al cervello sono ridotti, mentre i segnali dai nervi somatosensoriali del viso e del collo, legati al tatto, vengono eccessivamente amplificati. E’ come se i segnali sensoriali aumentino per compensare l’input uditivo perduto, ma una compensazione eccessiva alla fine genera l’acufene.
I nuovi risultati chiariscono il rapporto tra acufeni , perdita di udito e input sensoriali e contribuiscono a spiegare perché molti malati di acufene possono cambiare il volume e il tono del suono del loro acufene, stringendo la mascella o muovendo la testa o il collo .
I ricercatori riferiscono che non è solo la combinazione di rumore e segnali somatosensoriali iperattiva che sono coinvolti nel tinnito, molto importante è la tempistica esatta di questi segnali che sono correlati fra di loro, che richiede cambiamenti nei meccanismi di plasticità del sistema nervoso e che può portare ai sintomi del tinnito .
Shore e i suoi colleghi sperano di individuare nuovi approcci terapeutici con manipolazioni farmacologiche che potrebbero migliorare la plasticità indotta dallo stimolo temporizzato cambiando i bersagli molecolari specifici.
Questi ricercatori stanno lavorando per sviluppare un dispositivo che utilizzi la nuova conoscenza circa l’importanza della tempistica del segnale, per migliorare la frequenza dell’attivazione dei neuroni uditivi e regolare quelli iperattivi riducendo l’acufene . Il dispositivo combinerà suono e stimolazione elettrica del viso e del collo per riportare alla normalità l’attività neurale nel percorso uditivo. Qualsiasi trattamento dovrà probabilmente essere personalizzato per ogni paziente e non tutti i pazienti trarranno gli stessi benefici.
Cosa consigliare quindi a chi è destinato a non “udire “ più il silenzio?
Innanzitutto imparare a convivere con questa condizione, sotto un certo punto di vista il rumore ed il silenzio sono due opposti complementari, entrambi se eccessivi possono turbare.
Molti accettano l’acufene pensando che perfortuna non è un dolore e imparano a sopportarlo o ad ignorarlo, per altri la risposta è semplice : il rumore bianco è meglio del rumore.
Infine essere ottimisti, presto la ricerca scientifica individuerà la soluzione al problema acufene, forse non in Italia, ma in quei paesi  dove si crede nel potenziale della ricerca e si investe nei cervelli, dove i ricercatori non sono precari senza futuro.
Sitografia
http://www.dailymail.co.uk/health/article-78969/Device-end-misery-tinnitus.html
https://www.uofmhealth.org/news/archive/201312/u-m-tinnitus-discovery-opens-door-possible-new-treatment
http://www.jneurosci.org/content/33/50/19647.short

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