Integrazione per la classe V B ec-dietista
Il
Decreto legislativo 626/94 e
successive integrazioni contiene in sé tutti i principi e le indicazioni
necessari ad incamminarsi sulla strada che può condurre al miglioramento
delle condizioni di lavoro, siano esse correlate ad agenti chimici, fisici,
biologici, ergonomici ovvero, a fattori di carattere socio-psicologico e di
organizzazione del lavoro.
RIPOSO- FATICA
Le cellule dell’organismo
funzionano per mezzo di energia derivata dall’assorbimento degli alimenti e dal
consumo di ossigeno, con produzione di cataboliti (prodotti di rifiuto) che
devono essere, poi, eliminati o modificati, perchè il loro accumulo
determinerebbe un rallentamento delle funzioni fino alla lesione ed alla morte
cellulare. L’attività intensa e prolungata provoca uno stato di “intossicazione
cellulare”, denominata fatica cellulare.
Comunemente con la parola fatica si fa riferimento
all’affaticamento fisico, ma l’attività
mentale e quella muscolare sono funzioni analoghe di elementi cellulari,
per cui la fatica mentale non può essere nettamente differenziata dalla
fatica muscolare.
Anche gli organi sensoriali
determinano affaticamento, perchè trasmettono ai centri cerebrali stimoli
continui, mettendo in atto riflessi generali e locali, e contrazioni
muscolari.Si possono, perciò, identificare tre tipi di fatica: fisica, mentale e sensoriale. A queste
si deve aggiungere la cosiddetta “fatica
generica”, che non è determinata dal lavoro in sè, ma dalle attività basali
dell’organismo che ne consentono lo stato di coscienza, e che sono regolate da
una formazione posta nel tronco cerebrale, il sistema reticolare mesencefalico
(SRE), strettamente correlato con il sistema nervoso autonomo che regola
l’attività involontaria, ed esplica la sua azione su tutte le attività nervose
della vita vegetativa e di relazione del soggetto.
Nel lavoro che comporta impegno
fisico l’attività muscolare può
essere di tipo dinamico o statico. L’affaticamento muscolare si manifesta con
calo del rendimento, per cui il muscolo non riesce più a mantenere la
contrazione, con aumento dell’acido lattico e diminuzione del glicogeno,
comparsa di sensazioni dolorose, rigidità ed indolenzimento, e dipende dalla
capacità di ossigenazione dei muscoli, quindi, dallo stato di funzionalità del
sistema respiratorio e cardiocircolatorio, dall’allenamento fisico, dalla
durata e dal tipo del lavoro, dalla sua intensità e velocità di esecuzione e
dalle condizioni ambientali.
La fatica mentale insorge, invece, in lavori che implicano un
grande sforzo di concentrazione, di percezione sensoriale e di particolare
abilità, nonchè nelle attività fisiche e psichiche di lunga durata, nei lavori
ripetitivi, in attività di grande responsabilità, in condizioni di disagio
ambientale e sociale e di cattiva salute.
Il sistema di controllo mentale
deve in questi casi spendere grande quantità di energia per integrare le
risposte agli stimoli provenienti dai vari sottosistemi.
Il lavoro automatico (monotonia) è sempre uguale a se stesso
ingenera disinteresse e noia, con effetti deleteri sul rendimento, perchè i
fattori emozionali e gli stimoli che arrivano dall’ambiente esterno ed interno
sono scarsi ed inefficienti, per cui il centro diencefalico della fatica, che
provoca inibizione delle funzioni psicosensoriali e psicomotorie, prevale sul
SRE attivante, facendo insorgere uno stato di vera e propria “fatica da scarso
lavoro mentale”.
Perciò, sia nel lavoro mentale
sia in quello fisico la previsione di un successo lavorativo, la soddisfazione
di un bisogno o un congruo compenso possono diminuire il senso di fatica. Alla
base di questo meccanismo vi è la motivazione
al lavoro, che modifica gli effetti in senso favorevole.
I sintomi della fatica mentale
sono umore depresso, senso di stanchezza, nervosismo, insonnia, desiderio di
sospendere il lavoro.
Se gli episodi acuti di fatica
vengono accumulati nel tempo e non adeguatamente smaltiti con il riposo, può subentrare uno stato di
“fatica cronica”, che in molti casi
conduce alla somatizzazione dei disturbi, in particolare dell’apparato
cardiocircolatorio e gastrointestinale, fino all’insorgenza di vere e proprie malattie psicosomatiche.
IL RIPOSO
Esiste un meccanismo di
preservazione dell’organismo nei confronti della fatica, che è la stanchezza, ossia uno stato fisiologico
di esaurimento funzionale di organi ed apparati, la cui insorgenza dipende dal
tempo impiegato a consumare le riserve energetiche destinate alle varie
attività, e che, anzichè sollecitare una risposta agli stimoli, abbassa il
livello di vigilanza e di percezione degli stimoli sensoriali, creando una
barriera difensiva contro gli stessi, ed inducendo al riposo ed al sonno.
I sintomi della stanchezza sono
gli stessi della fatica, ma quest’ultima si determina quando l’organismo non
rispetta l’allarme dettato dalla stanchezza, contrastando, volontariamente o
per il persistere degli stimoli, la fisiologica necessità di riposo, e così il
recupero delle riserve energetiche.
Subentrano allora sensazioni di
malessere e calo del rendimento più accentuati, che possono arrivare alla
perdita di capacità di concentrazione e di attenzione, e quindi ad errori,
anche pericolosi, nella conduzione del lavoro.
Di qui l’importanza
dell’introduzione nei ritmi di lavoro dei cosiddetti “tempi di recupero” ( IL
RIPOSO)
Lavorare per periodi prolungati che portano all’affaticamento, anzichè determinare l’aumento del rendimento, finisce, infatti, per farlo diminuire. L’organismo ha la tendenza ad adeguare spontaneamente il ritmo di lavoro al proprio ritmo biologico, in modo da ottimizzare la propria efficienza, e l’allenamento fisico e mentale riduce il dispendio di energia, aumentando il livello di resistenza alla fatica; ma i tempi di recupero sono fondamentali, proprio perchè la fatica è legata ad un eccessivo consumo energetico proporzionale all’impegno ed alla durata del lavoro.
Lavorare per periodi prolungati che portano all’affaticamento, anzichè determinare l’aumento del rendimento, finisce, infatti, per farlo diminuire. L’organismo ha la tendenza ad adeguare spontaneamente il ritmo di lavoro al proprio ritmo biologico, in modo da ottimizzare la propria efficienza, e l’allenamento fisico e mentale riduce il dispendio di energia, aumentando il livello di resistenza alla fatica; ma i tempi di recupero sono fondamentali, proprio perchè la fatica è legata ad un eccessivo consumo energetico proporzionale all’impegno ed alla durata del lavoro.
Per una corretta pianificazione
del lavoro bisogna, perciò, predisporre il numero e la durata di PAUSE necessarie per evitare di
raggiungere lo stato di affaticamento, tenendo anche presente che esistono pause imposte dal lavoro stesso (ad
esempio i tempi di attesa per una fotocopia, i tempi per cercare un fascicolo
da trattare o per la manutenzione ordinaria degli strumenti di lavoro), e le pause spontanee, indotte, invece, dalla
necessità fisiologica di riposarsi per un momento.
È evidente che le pause devono
essere proporzionate alla “pesantezza” del lavoro (il lavoro statico richiede,
per esempio, tempi di recupero maggiori del lavoro dinamico), e che la
necessità di pause è maggiore nella parte finale dell’orario di servizio.
È stato, inoltre, dimostrato che
il recupero fisico si attua in prevalenza nella parte iniziale della pausa,
perciò si rivelano più produttive pause
brevi, ma frequenti, nel corso della giornata lavorativa rispetto ad
un’ unica lunga pausa.
Ai fini preventivi nelle comunità, è essenziale procedere
con l’Alternazione e Graduazione delle
attività in ambito lavorativo tramite una rotazione su posti di lavoro con
ritmi differenziati. La stessa alternazione va attuata per la prevenzione della
fatica mentale tra lavoro fisico (ginnastica, gioco, passeggiata) e lavoro
intellettuale (scuola, studio, lettura amena, conversazione educativa, ecc.) specialmente in
ambito scolastico ( vedi lavoro mentale
sul testo pag.205).
In genere vengono stilate delle tabelle di alternazione e graduazione delle attività negli specifici settori lavorativi , in particolare laddove è necessario garantire anche la sicurezza della comunità, per esempio sulle navi, negli ospedali e così via.
L’obiettivo
della Medicina Del Lavoro, secondo le
indicazioni del comitato congiunto OIL (Organizzazione Internazionale del
Lavoro) e OMS (1959), è quello di:
1. promuovere e mantenere il più alto grado di
benessere fisico, mentale e sociale dei lavoratori in tutte le occupazioni;
2. adoperarsi per prevenire ogni danno causato
alla salute da condizioni legate al lavoro e proteggere i lavoratori contro i
rischi derivanti dalla presenza di agenti nocivi;
3. destinare e mantenere i lavoratori in
occupazioni consone alle loro attitudini fisiologiche e psicologiche.
In
altre parole, adattare il lavoro all’uomo e collocare ogni persona al posto
giusto.
Nelle
varie attività lavorative esistono molti fattori e situazioni in grado di
interferire con le condizioni di benessere fisico, psichico e sociale, mettendo
in atto meccanismi complessi coinvolgenti psiche e soma.
Ecco
alcuni esempi:
RISCHI PSICOSOCIALI LAVORO CORRELATI
|
|
Tipo di lavoro
|
Mancanza di varietà nel lavoro o cicli lavorativi brevi,
frammentati o lavoro senza significato, sottoutilizzazione delle capacità,
grande incertezza, lavoro che richiede una continua interfaccia con altre
persone.
|
Carico di lavoro e ritmo di lavoro
|
Sovraccarico di lavoro o lavoro sotto carico, ritmo delle
macchine, alti livelli di pressione con scadenze temporali continue.
|
Orari di lavoro
|
Lavoro a turni, turni di notte, orari di lavoro non flessibili,
orari non previsti, orari lunghi o lavoro in assenza di relazioni.
|
Controllo
|
Scarsa partecipazione ai processi decisionali, mancanza di
controllo sul carico di lavoro, ritmo, lavoro a turni, ecc.
|
Ambiente e attrezzature
|
Scarsa disponibilità delle attrezzature, loro inadeguatezza e
scarsa manutenzione, condizioni ambientali insufficienti come ad esempio
mancanza di spazio, scarsa illuminazione, rumore eccessivo.
|
DCultura e funzioni organizzative
|
Scarsa comunicazione, modesto supporto ai processi decisionali e
allo sviluppo personale, mancanza di una definizione precisa o di consenso
sugli obiettivi organizzativi.
|
Relazioni interpersonali sul lavoro
|
Isolamento sociale o fisico, scarse relazioni con i superiori e
i collaboratori, conflitti interpersonali, mancanza di supporto sociale.
|
Ruolo nell’ambito dell’organizzazione
|
Ambiguità di ruolo, conflitto di ruolo e responsabilità verso le
persone.
|
Sviluppo della carriera
|
Stagnazione della carriera e incertezza, promozione immeritata o
mancanza di promozione, stipendio inadeguato, incertezza lavorativa, basso
valore sociale attribuito al lavoro.
|
Interfaccia casa-lavoro
|
Esigenze conflittuali tra casa e lavoro, scarso supporto
ricevuto in casa, problema di doppia carriera.
|
I rischi psicosociali comprendono anche la violenza, il mobbing
e le molestie sul luogo di lavoro.
|
Tuttavia
a livello preventivo bisogna porre l’attenzione sui fattori di rischio meno
tradizionali (organizzativi e
psico-sociali), valutando correttamente il rischio nell’ambiente di lavoro.
ü
L’intensità
dell’impegno richiesto all’uomo, condizionata non solo dal tipo di attività
assegnata ma anche dal tipo di attrezzature in uso e dalla qualità
dell’ambiente fisico e organizzativo. Il monitoraggio degli aspetti ambientali
per assicurare illuminazione adatta, comfort microclimatico, riduzione del
rumore, etc.
ü
La durata
dell’esposizione al carico.
Di seguito un esempio di valutazione del carico di lavoro
mentale
Criteri, metodi e strumenti di valutazione del
carico di lavoro mentale (da Draft ISO 10075-3, 1995, tradotto e modificato)
|
||||
Criteri
di misura dello stress da carico di lavoro mentale
|
Fatica mentale
|
Monotonia
|
Ridotta vigilanza
|
Saturazione mentale
|
Soggettivi
|
Interviste e questionari di autovalutazione
|
|||
Comportamentali
|
Metodo del “doppio compito”
|
Frequenza
dei cambiamenti posturali, segni di noia (sbadigli)
|
Percentuale
di errori commessi durante il lavoro
|
Qualità
e quantità produttiva, manifestazioni di nervosismo
|
Fisiologici
|
Indici
di attivazione cardiovascolare, di tensione muscolare, di conduttanza
cutanea, etc.
Indicatori neurofisiologici come FCF (Frequenza Critica di Fusione della luce intermittente) |
Ridotta
attivazione del sistema nervoso centrale (sonnolenza e lentezza)
|
||
Biochimici
|
Alterazione
livelli ormonali: ad es. catecolamine e corticoidi
|
FONTI
http://www.siapol.it/sezione.php?d=1223 dott.ssa
Antonia Liaci,medico capo P.d.S.-Questura di Ragusa
http://www.uni.com/uni/controller/it/comunicare/come_comunica/uec/uec_1_2006/lavoromentale_gen2006.htm
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