Intolleranze alimentari

Avviso ai lettori e alle lettrici

Questo elaborato è stato svolto per diffondere informazioni utili per la diagnosi e la cura delle intolleranze alimentari, ma non per essere utilizzate senza richiedere il consulto di uno specialista, in quanto trattasi di informazioni solo generiche e non specifiche.

LE INTOLLERANZE ALIMENTARI

Le intolleranze alimentari fanno parte di un più vasto gruppo di disturbi definiti come reazioni avverse al cibo: si parla di intolleranza alimentare, piuttosto che di allergia, quando la reazione non è provocata dal sistema immunitario. Le intolleranze sono più comuni delle allergie. Le prime osservazioni sui disturbi legati all’ingestione di cibo sono molto antiche: già Ippocrate aveva notato gli effetti negativi dovuti all’ingestione di latte di mucca. Tuttavia, le reazioni avverse al cibo costituiscono ancora una delle aree più controverse della medicina: non sono sempre chiari i meccanismi che ne stanno alla base e c’è ancora molta incertezza sulla sintomatologia clinica, sulla diagnosi e sui test che vengono utilizzati per effettuarla. Di conseguenza, ci sono differenze di opinione sulla diffusione di questi disturbi e sul loro impatto sociale.

Tipologie di intolleranze alimentari

Esistono diverse tipologie di intolleranze alimentari. Quelle enzimatiche sono determinate dall’incapacità, per difetti congeniti, di metabolizzare alcune sostanze presenti nell’organismo. L’intolleranza enzimatica più frequente è quella al lattosio, una sostanza contenuta nel latte; la forma più comune di intolleranza al grano è la celiachia; un altro esempio di intolleranza dovuta alla carenza di un enzima è il favismo. Le intolleranze farmacologiche si manifestano in soggetti che hanno una reattività particolare a determinare molecole presenti in alcuni cibi.  In alcuni casi, infine, la reazione può essere dovuta ad alcuni additivi aggiunti negli alimenti. Non è ancora chiaro se in questo caso si tratti di intolleranza o di allergia: non ci sono prove che la reazione abbia basi immunologiche, ma le manifestazioni sono così variabili che non si può escludere la possibilità di un’interazione tra meccanismi biochimici e meccanismi mediati immunologicamente. Sono state individuate le principali sostanze che possono provocare intolleranze farmacologiche (un gruppo di sostanze chiamate ammine vasoattive e altre sostanze tra cui la caffeina e l’alcol etilico: vedi tabella 1) e gli additivi che danno più frequentemente reazioni (i cibi in cui sono contenuti e i sintomi che possono provocare: vedi tabella 2).

Le reazioni avverse al cibo: classificazione

Per definire i disturbi legati all’ingestione del cibo sono stati e vengono tuttora usati molti termini. L’American Academy of Allergy Asthma and Immunology ha proposto una classificazione, largamente accettata, che utilizza il termine generico “reazione avversa al cibo”, distinguendo poi tra allergie e intolleranze: le allergie sono mediate da meccanismi immunologici; nelle intolleranze, invece, la reazione non è provocata dal sistema immunitario.
Una classificazione simile, proposta dalla European Academy of Allergology and Clinical Immunology, introduce la distinzione tra reazioni tossiche e non tossiche. Le reazioni tossiche, o da avvelenamento, sono causate dalla presenza di tossine nell’alimento e dipendono esclusivamente dalla quantità di alimento tossico che viene ingerito; un tipico esempio di reazione tossica è l’avvelenamento dovuto all’ingestione di funghi. Le reazioni non tossiche, invece, dipendono dalla suscettibilità dell’individuo e si suddividono in allergie e intolleranze.


Sintomi e complicanze delle intolleranze alimentari

La sintomatologia associata alle intolleranze alimentari è piuttosto variabile: generalmente si riscontrano sintomi prettamente intestinali (dolori addominali, diarrea, vomito, perdita di sangue con le feci), raramente vengono colpiti altri organi. Le allergie, invece, poiché sono scatenate da meccanismi immunologici, possono manifestarsi anche senza sintomi intestinali. La sintomatologia legata alle intolleranze può in alcuni casi divenire cronica; le allergie possono avere anche complicanze più gravi, fino allo shock anafilattico.
Diagnosi

La diagnosi di intolleranza alimentare è una diagnosi per esclusione: è possibile solo dopo aver indagato ed escluso un’allergia alimentare. L’indagine utilizzata per accertarla consiste nell’individuare l’alimento sospetto, eliminarlo dalla dieta per 2-3 settimane e poi reintrodurlo per altre 2-3 settimane. Se i sintomi scompaiono durante il periodo in cui viene abolito l’alimento e si ripresentano nel momento in cui viene reintrodotto nella dieta si tratta di una reazione avversa al cibo. A questo punto si verifica, attraverso test diagnostici, se è coinvolto il sistema immunitario e se si tratta pertanto di un’allergia; in caso contrario il disturbo è molto probabilmente dovuto a un’intolleranza. Oggi esistono anche dei “test alternativi” (per esempio il test citotossico) per diagnosticare le intolleranze alimentari, ma sono privi di attendibilità scientifica e non hanno dimostrato efficacia clinica. Il trattamento per le intolleranze alimentari, come per le allergie, consiste nell’eliminare dalla dieta o consumare in piccole quantità gli alimenti che provocano la reazione.

Intolleranza al lattosio

La più comune intolleranza enzimatica è quella al lattosio, generalmente ereditaria e molto diffusa in Asia e in alcune regioni dell’America. In Europa, è più frequente nelle aree mediterranee, tra cui l’Italia e meno nel Nord.
Il lattosio è lo zucchero contenuto nel latte. Prima di essere assorbito e utilizzato dall’organismo il lattosio deve essere scomposto nelle sue componenti, il glucosio e il galattosio. Per effettuare questa operazione è necessario un enzima chiamato lattasi. Se non vengono prodotte sufficienti quantità di lattasi una parte del lattosio può non essere digerito. Una scarsa produzione di lattasi non implica necessariamente l’intolleranza al lattosio. Pertanto, questa intolleranza può essere ridotta attraverso la graduale reintroduzione nella dieta dei cibi contenti lattosio.La sintomatologia è dose-dipendente: maggiore è la quantità di lattosio ingerita, più evidenti sono i sintomi, che possono includere flatulenza, diarrea, gonfiore e dolori addominali.In caso di diagnosi di intolleranza al lattosio non è sempre necessario eliminare i prodotti che lo contengono, a volte è possibile individuare la quantità di lattosio che può essere tollerata senza scatenare sintomi. Se l’intolleranza è lieve possibile controllare i sintomi bevendo il latte durante i pasti, sostituendo i prodotti freschi con quelli fermentati, bevendo latte povero di lattosio. Alcuni formaggi (parmigiano, emmental, cheddar, edam) contengono pochissimo lattosio. Se l’intolleranza è grave è importante fare attenzione e leggere accuratamente le etichette degli alimenti: il lattosio, infatti, è utilizzato in molti cibi pronti.

INTOLLERANZA AL FRUTTOSIO

Il fruttosio è un monosaccaride contenuto nella frutta, nel miele, in alcune verdure e farine; in combinazione con il glucosio costituisce il saccarosio che è un disaccaride.
Il metabolismo di questo monosaccaride si svolge prevalentemente nel fegato ad opera di enzimi, il cui deficit determina l'accumulo di metaboliti che provocano danni al tessuto epatico. È una patologia che si trasmette con modalità autosomica recessiva e presenta un alto rischio di ricorrenza in ogni gravidanza. Una volta posta la diagnosi, in caso di successive gravidanze, è opportuno un colloquio con lo specialista per essere informati sulle possibilità di diagnosi, sul decorso della malattia e sulle possibilità terapeutiche. Il quadro clinico è caratteristico e si manifesta solo quando si introducono nella dieta alimenti che contengono fruttosio, saccarosio o sorbitolo; non si manifesta nel lattante allattato al seno. L'ingestione di fruttosio provoca nausea, vomito e sintomi legati alla insufficienza epatica (ipoglicemia, dolori addominali, sudorazione, convulsioni, manifestazioni emorragiche, con aumento delle transaminasi); compare rapidamente, nel bambino affetto, una netta avversione verso i dolci e la frutta. La terapia consiste nella esclusione dalla dieta del fruttosio, saccarosio e sorbitolo (alimenti, farmaci...) e si deve avvalere della consulenza di un Servizio Dietetico competente. Il miglioramento dei parametri della funzionalità epatica è indice di dieta efficace.
                            
EPIDEMIOLOGIA DELLE INTOLLERANZE

Le allergie e le altre intolleranze alimentari interessano, in genere, limitati gruppi di popolazione i quali sono affetti, in via permanente o transitoria, da anomalie del sistema immunitario (allergie), o di altra natura (altre intolleranze). Negli ultimi anni si assiste ad un incremento della incidenza delle allergie alimentari; questo fenomeno è stato attribuito alla aumentata stimolazione del sistema immunitario per effetto delle campagne di vaccinazione che, mentre da un lato hanno determinato una riduzione delle malattie trasmissibili, dall’altro producono più forti fenomeni di ipersensibilità. La principale allergia alimentare è quella alle proteine del latte vaccino; è comune nei bambini, ma spesso è reversibile. Le allergie a pesci, crostacei e nocciole permangono generalmente anche nell’età adulta. Tra le altre intolleranze, le più frequenti sono quelle al lattosio, al glutine (malattie celiaca) e ad alcuni additivi alimentari. Negli ultimi anni si è osservata una tendenza all’aumento dei casi diagnosticati di queste patologie.Nel nostro Paese non esiste un registro dell’intolleranza al glutine, la reale prevalenza della malattia non è ancora ben inquadrabile e varia da 1 caso su 120 a 1 caso su 250.Presso l’Istituto Superiore di Sanità, al fine di stimare il peso delle patologie associate e delle complicanze della malattia celiaca in Italia, nel 1998 è stato istituito il Registro nazionale delle complicanze con lo scopo di descrivere le caratteristiche cliniche alla diagnosi e l’evoluzione nel tempo della celiachia. Le allergie e le intolleranze alimentari, una volta sviluppate, debbono essere diagnosticate e trattate con la rimozione dalla dieta delle sostanze alle quali i soggetti sono sensibili. Ad esempio, non tutti i casi di celiachia vengono diagnosticati e trattati tempestivamente in età pediatrica, con diete appropriate. L’incidenza di questa intolleranza in Italia è stimata in un soggetto ogni 100/150 persone. I potenzialmente sarebbero quindi 400 mila, ma ne sono stati diagnosticati intorno ai 85 mila. Ogni anno vengono effettuate cinque mila nuove diagnosi ed ogni anno nascono 2.800 nuovi celiaci, con un incremento annuo di circa il 10%.Per curare la celiachia, attualmente, occorre escludere dalla dieta alcuni degli alimenti più comuni, quali pane, pasta, biscotti e pizza, ma anche eliminare le più piccole tracce di farina da ogni piatto. Questo implica un forte impegno di educazione alimentare. Infatti l’assunzione di glutine, anche in piccole dosi, può causare danni .La dieta senza glutine, condotta con rigore, è l’unica terapia che garantisce al celiaco un perfetto stato di salute. In Farmacia è possibile effettuare un test rapido per la determinazione della celiachia da confermare sempre con la biopsia intestinale. I dati sono ad oggi molto eterogenei ed imprecisi. Secondo alcune statistiche la prevalenze degli intolleranti agli additivi alimentari varia dallo 0,03% al 5% della popolazione generale. Le vere e proprie allergie alimentari, ovvero i quadri per i quali è stato dimostrato un meccanismo immunologico, interessano invece lo 0,5-1% della popolazione generale pur se si rischia di sovrastimare e sottostimare la reale prevalenza dei quadri patologici per il difficile inquadramento diagnostico di queste forme. Va comunque ricordato che l’incidenza nei bambini più piccoli appare maggiormente elevata e che spesso con il passare del tempo è destinata a calare, tanto che secondo alcuni studi ben l’85% delle forme di allergia alimentare tende ad andare in remissione dopo i primi anni di vita.

CONCLUSIONI

Questo fenomeno non viene preso in considerazione come rilevante per la salute e viene sottovalutato se non, a volte, ignorato. A lungo termine può favorire l'insorgenza di gastriti, irritazioni del colon, un peggioramento dell’intolleranza e a volte nuove intolleranze alimentari. Da qui l'importanza della prevenzione che comincia con la consulenza del medico non appena si ha un prolungato disturbo ingerendo un determinato alimento.


DANIELE LOPEZ . IV B Economo-dietista

tratto dai siti:
www.agor.mediacity.it/IntolleranzaFruttosio.htm


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